O diventano tutti immediatamente 100% vegani o non si va da nessuna parte.
Giusto?
Sbagliato!
A testimoniarlo sono i risultati che continua a raggiungere Veganuary e le risposte di centinaia di migliaia di persone a un loro questionario.
Ma andiamo per gradi.
Partiamo con le presentazioni: cos’è Veganuary?
Veganuary è un’organizzazione non-profit che ogni gennaio organizza una campagna in cui i partecipanti mangeranno vegano per tutto il mese.
Una sorta di sfida vegana che chiunque può decidere di affrontare.
Durante il mese l’organizzazione dà molto supporto, ricette, consigli.
Fa di tutto per rendere l’esperienza più semplice e piacevole possibile.
Nell’ultimo Veganuary hanno partecipato 402.206 persone da 192 paesi.
Oltre 600 ristoranti, brand e supermercati hanno pubblicizzato la campagna lanciando più di 1200 nuovi prodotti vegani soltanto nel Regno Unito.
È un’organizzazione incredibile che ti consiglio di conoscere meglio.
In questo articolo però volevo parlare di un altro aspetto di ciò che fanno.
Al termine della campagna viene infatti inviato un sondaggio ai partecipanti per tirare un po’ le somme e capire com’è andata.
Hanno da pochissimo comunicato i risultati del Veganuary 2020 e volevo condividerli con te.
Ci sono degli spunti veramente interessanti su cui rifletteremo insieme dopo aver visto tutti i dati.
Ready? Andiamo!
Veganuary 2020: i risultati e le risposte dei partecipanti
Partiamo da risultati belli e tangibili.
In un solo mese sono stati salvati 1 milione 250 mila animali.
Non pochi direi.
Ma cosa ha spinto oltre 400 mila persone a partecipare?
- Il 37% dei partecipanti ha dichiarato di aver aderito per risparmiare sofferenza agli animali
- Il 18% per proteggere l’ambiente
- Il 38% per migliorare la propria salute
Il 59% dei partecipanti non vegani (ci sono anche delle persone vegane che partecipano) ha mantenuto la dieta vegana per tutto il mese.
Il 72% di loro ha pianificato di restare vegan anche oltre gennaio.
Le motivazioni più gettonate a supporto di questa scelta di proseguire sono:
- “ho imparato di più sul veganismo”
- “è stato più facile di quel che pensavo”
- “ho sentito dei miglioramenti per la salute”
Il 77% di chi ha sgarrato durante il mese dichiara che è molto o estremamente probabile che proverà ancora il veganismo in futuro.
Le più grandi sfide che i partecipanti si sono trovati ad affrontare sono state:
- mangiare fuori
- amici e famiglia
- gli mancava il cibo non vegan
Il 54% dei partecipanti ha sentito dei miglioramenti sotto il profilo della salute e i benefici principali sono stati:
- la perdita di peso che tanto desideravano
- miglior aspetto della pelle
- miglior umore
- più energia
Il 98% consiglierebbe il Veganuary ad altri grazie anche ai continui consigli, le ricette e il supporto offerto.
Bene, questi erano i dati principali emersi dalle risposte dei partecipanti.
Letti così magari non ti dicono molto, proviamo quindi a ragionarci insieme.
Cosa ci dicono questi dati del Veganuary 2020? La mia interpretazione
Partiamo dalle ragioni che hanno spinto le persone a partecipare.
Il fatto che la principale sia stata la salute deve farci riflettere in chiave attivismo e promozione dello stile di vita vegano.
Spesso non ci piace sentire che quella sia la ragione principale che dà la spinta iniziale al cambiamento, ci sembra riduttivo.
La natura umana però, per quanto quasi nessuno voglia ammetterlo, ha un egoismo di fondo.
Se non stiamo bene, se non vediamo una convenienza per noi e se non ci sentiamo al sicuro è molto più difficile che ci interesseremo ad una qualsiasi causa.
Ma questo non è un male.
Le cose cambiano e i dati lo dimostrano.
Il 25% dei vegetariani diventati vegani per motivi di salute, ora dichiara come motivo principale che lo tiene stretto al veganismo quello etico.
È esattamente ciò che è successo a me, quindi non posso che confermare la statistica.
Ci avviciniamo per ottenere un vantaggio in prima persona, poi scopriamo di più.
Diventiamo più sensibili a tutte le tematiche correlate, le prendiamo a cuore e spesso diventano la nostra principale guida.
Quindi accettiamo qualsiasi ragione spinga qualcuno al veganismo, senza discriminazioni.
Il fatto che il 54% dei partecipanti abbia già sentito dei benefici in un solo mese potrà solo essere una spinta in più a farli continuare sulla strada intrapresa.
Continuiamo con un dato che vedo tutt’altro che positivo.
La ragione ambientale è stata la principale soltanto per il 18% delle persone.
Questo è il problema più grande.
A molti può non interessare che gli animali soffrano, che vengano sfruttati e uccisi, ok.
Ma la devastazione che i nostri comportamenti alimentari stanno provocando al pianeta e al clima dovrebbero ormai essere innegabili per chiunque.
Nonostante le tante prove potremmo ritrovarci a discutere per ore con qualcuno sul fatto che gli animali soffrano o meno.
Per fortuna però chi nega i cambiamenti climatici rappresenta un numero sempre più piccolo di persone “diversamente intelligenti”.
Evidentemente però che i ghiacciai si stiano sciogliendo a ritmi impressionanti, che il mare stia morendo, che i gas serra stiano raggiungendo una soglia terrorizzante, che i polmoni della Terra – le foreste – vengano distrutti ogni singolo secondo per poter allevare sempre più animali, è principalmente da imputare a ciò che mangiamo solo per poche persone.
È chiaro che su questo tema bisognerà battere ancora di più e trovare nuovi modi e nuove chiavi per poter arrivare alla testa e al cuore delle persone.
Anche la persona più fredda e cinica del mondo, a cui non interessa nulla della sofferenza animale, si preoccuperebbe se casa sua stesse andando in pezzi e non avrebbe più dove vivere.
Ritorneremmo all’istinto egoistico che la preoccuperebbe per il pericolo alla sua vita.
Continuiamo a dare uno sguardo agli altri dati.
Il 72% di chi non ha mai sgarrato durante il mese programma di continuare la strada e di restare vegan.
È un dato pazzesco.
Ancor di più se affiancato al 98% dei partecipanti totali che consiglierebbe Veganuary ad altre persone.
Qui secondo me giocano un ruolo importante le esperienze e le relazioni.
Il modo in cui l’organizzazione porta avanti la campagna per tutto il mese fa sì che il percorso sia più morbido e agevole possibile.
Quando una persona sceglie di provare un cambiamento del genere, per evitare che si penta dopo poco per non fare mai più ritorno, è dannatamente importante che viva un’esperienza positiva.
Le continue ricette semplici e gustose che vengono inviate, i consigli di enorme valore per chi è nuovo di questo mondo e il rapporto di empatia che si costruisce giorno dopo giorno, remano proprio in quella direzione.
Il ricordo che rimarrà in quelle persone sarà piacevole.
La conseguenza è che saranno molto più aperte di chi invece ha provato magari un piatto vegano schifoso e ormai ha formato un pregiudizio.
Anche per il veganismo vale la regola che non c’è una seconda occasione per fare una buona prima impressione.
E come diceva Einstein “È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”.
Arriviamo al dato che mi ha fatto molto riflettere.
Le più grandi sfide che hanno dovuto affrontare.
Al primo posto: mangiare fuori.
All’inizio è tosta, ammettiamolo.
Probabilmente la quasi totalità delle persone che frequenti è onnivora e quindi ti ritroverai in ristoranti di quel tipo.
Aprirai il menù provando un senso di smarrimento e quando il cameriere sarà lì ad attendere il tuo ordine l’imbarazzo salirà alle stelle.
Non vorrai sembrare il disagiato o il rompipalle del gruppo e ti farai problemi nel fare troppe domande o richieste.
È una situazione che cambierà quando ci saranno abbastanza persone vegane da spingere ogni attività ristorativa ad inserire nel menù delle opzioni vegetali ben distinte, ma per ora dobbiamo difenderci in qualche modo.
Una tecnica che mi ha salvato spesso, anche dagli inganni che tendono alcuni cuochi, è stata la tecnica dell’allergia.
In cosa consiste?
In sostanza individuavo nel menù un piatto che già di per sé era vegetariano.
Dopodiché chiedevo ad esempio se si potesse preparare quel piatto senza latticini perché sono allergico.
Lo so, lo ammetto, è una bugia.
Ma una bugia bianca, per autodifesa.
Per me ha funzionato tantissime volte.
In quel modo prendono seriamente il fatto di non inserire latticini nel piatto, cosa che non fanno se sanno che semplicemente mangi vegan (lo dico per esperienza personale).
Continuiamo con le sfide affrontate.
Al secondo posto: amici e famiglia.
Questo ha strettamente a che fare con la comunicazione.
In che modo vai a spiegare alla nonna che ti sta preparando 4 kg di polpette che vuoi provare a diventare vegan?
Come gestisci l’invito dei tuoi amici storici che hanno organizzato il tradizionale barbecue di primavera?
Sono situazioni spesso sottovalutate, ma che provocano ansia e disagio.
Molte persone non reggono tale pressione a tornano sui propri passi.
In fondo siamo portati ad uniformarci, a fare ciò che fa la maggioranza.
Per fortuna però la maggioranza spesso non ha una gran capacità di ragionare.
Ecco che allora saper comunicare in modo efficace le proprie scelte può cambiare drasticamente tutta la situazione.
Quando ho deciso di adottare uno stile di vita vegano lavoravo in un ristorante onnivoro e nessuno tra amici e parenti era vegano.
In quei primi periodo ho capito l’importanza di affermare le proprie scelte in modo che vengano rispettate e che ce le possiamo godere in tranquillità, senza conflitti continui.
Aver affinato le mie capacità di comunicazione ha reso tutto più facile.
Sul terzo gradino del podio: gli mancava il cibo non vegan.
Cosa ampiamente prevedibile.
Il gusto della carne e dei prodotti di origine animale ha generato una sorta di dipendenza in noi.
Un po’ per l’alta percentuale di grassi, un po’ per questioni simboliche (carne=sei un fico di successo), un po’ per questioni culturali (lo facciamo da sempre, serve alla salute) è difficile distaccarsene.
Qui assumono un ruolo fondamentale tutte le alternative vegetali come il Beyond Burger, la mozzarisella, il Gondino e così via.
Sono prodotti amati dai vegani, ma a mio avviso sono ancora più importanti per i non vegani.
Avere a disposizione un prodotto che assomiglia per aspetto, consistenza e – soprattutto – gusto all’originale di provenienza animale faciliterà tantissimo la transizione al nuovo regime alimentare.
I formaggi sono una delle cose più difficili da togliere a detta di molti neo vegani.
Di fronte ad un attacco di nostalgia cosa succederebbe senza avere una bella forma di Gondino nel frigo?
Più aumenteranno le alternative vegetali, più sarà facile cambiare per chi ci sta pensando.
E per aumentare le alternative c’è bisogno che la domanda di mercato di quei prodotti cresca.
Solo così nuove aziende vedrebbero la convenienza economica nell’investire sulla produzione di prodotti vegetali.
Come si aumenta la domanda?
No, la risposta non è che noi vegani spendiamo tutti i nostri soldi per comprare più quantità di quei prodotti.
Restiamo ancora una percentuale di popolazione troppo piccola per essere rilevante.
La soluzione ci arriva da tutte quelle persone onnivore, che però preferiscono bere latte di soia o ridurre la carne comprando burger vegetali al supermercato.
Parlerò meglio dell’importanza di chi riduce il consumo di prodotti animali un’altra volta (intanto te l’ho accennato in questo articolo sull’attivismo vegan).
Intanto tieni a mente questo punto.
Queste sono le riflessioni che mi sono venute in mente appena ho letto questi dati.
Veganuary non chiede in modo drastico di firmare subito col sangue un contratto per diventare vegan da ora e per sempre.
Inizia in piccolo, fornisce stimoli, si impegna a facilitare il compito e i risultati si vedono.
Nel nostro piccolo possiamo fare lo stesso.
Parlo di chi è già vegano, che può stimolare amici e parenti a provare un ristorante vegano o cucinando da sé qualcosa di invitante.
Ma parlo anche per chi sta valutando se provare la via vegana.
Non c’è bisogno di mettersi troppa pressione da soli pensando che se non riuscirai subito ad essere vegan ogni giorno allora ciò che si sta facendo è inutile, un fallimento.
Ognuno ha i suoi tempi.
Il solo fatto di aver valutato l’opzione significa che quel cambiamento appare come una cosa desiderata.
Se la transizione durerà una settimana, un mese o un anno poco importa.
Ciò che veramente conta è la direzione presa.
Nessuno è 100% vegano e tutti commettiamo qualche errore.
E va bene così finché l’intenzione è positiva.
Spero di averti dato spunti utili con questo articolo.
Se ti va condividi la tua opinione e confrontiamoci.
Ci vediamo al prossimo articolo.
Un abbraccio,
Riccardo.