Quando si affronta un cambiamento con successo, nel nostro caso il passaggio ad uno stile di vita vegan, si verificano di solito 2 situazioni: ti senti a posto e orgoglioso di ciò che hai fatto (e fai bene) oppure senti il bisogno di fare di più.
Quel fare di più per molti significa diventare degli attivisti.
Azioni, manifestazioni, pianificazioni.
È una forza incredibile che con costanza e resilienza promette di cambiare le cose.
La quantità di energia che richiede fare attivismo è notevole.
Ci sono tantissimi ingredienti da considerare perché il proprio attivismo sia efficace.
I contenuti che produco online da anni, le mie esperienze in cucina e i discorsi sul veganismo che faccio con amici, parenti e conoscenti le considero forme di attivismo.
Da poco mi sto però affacciando alla forma più tradizionale di attivismo, proprio perché sento che si può fare di più.
In questo articolo ho deciso di riproporre 10 consigli che Melanie Joy e Tobias Leenaert hanno condiviso sul sito del CEVA (Center for Effective Vegan Advocacy) per gli attivisti vegan.
Li ho già condivisi in questi giorni sul mio profilo Instagram (mi trovi come riccardo.ze), ma riunirli in un articolo unico mi sembrava più comodo da leggere.
L’esperienza in questo campo di queste 2 persone è straordinaria.
Se ti interessa l’argomento credo quindi valga la pena continuare nella lettura.
Ready? Andiamo!
1 – Ricorda cosa mangiavi
Dobbiamo sempre ricordarci che, quasi sicuramente, eravamo onnivori come la persona che abbiamo davanti.
Una cosa che succede spesso quando si passa ad un’alimentazione vegana è scordare completamente il modo in cui abbiamo mangiato per anni.
Ci dimentichiamo com’era mangiare carne e prodotti animali, concentrandoci solo su quanto ci sembri assurdo che qualcuno ora mangi quelle stesse cose.
Questa situazione ci allontana dalla comprensione delle persone con cui dialoghiamo, ci impedisce di stabilire una connessione, ci fa alzare un muro.
E ricordiamoci che la persona con cui parliamo va sempre rispettata.
Un ottimo modo per avere un dialogo è iniziare dove la persona si trova già.
Noi siamo stati in un mondo carnista, loro non sono ancora state in uno vegano.
Il mangiare prodotti di origine animale è l’argomento più grande che abbiamo in comune in questo momento, partiamo da lì.
Come?
Ad esempio iniziando col raccontare che hai amato le polpette di tua nonna per molti anni, o che mangiavi tantissimo formaggio.
Così l’altra persona si sentirà già più simile e vicina a te.
Sarà un vantaggio per tutti.
Da lì potrai poi dirigere la conversazione verso i punti che più ti premono, grazie alla tua storia.
Nel prossimo punto vediamo proprio come condividerla nel modo più efficace.
2 – Come condividere la tua storia
“Perché sei vegan?”
Quando ci fanno questa domanda l’impulso è di partire in quarta con le statistiche, le ragioni etiche e morali, i vantaggi per l’ambiente, quelli per la salute e così via.
La maggior parte delle volte però, non sono argomenti che interessano la persona che ti ha appena rivolto la domanda.
Forse le interesseranno più avanti, ma non è ancora il momento di affrontarli.
Una delle cose più potenti e rispettose che puoi fare è invece quella di condividere la tua storia.
In che modo?
Ecco 7 accorgimenti utili da tenere a mente:
1 – Tienila il più corta possibile ed evita dettagli irrilevanti per chi ti ascolta
2 – Inizia a raccontare partendo da prima che diventassi vegan, per empatizzare di più
3 – Condividi il modo in cui ti giustificavi e difendevi quando non avevi ancora fatto il collegamento animali-sofferenza
4 – Menziona onestamente punti che possono essere importanti per l’altra persona (ad esempio, se capisci che tiene alla salute, spiega come la tua sia migliorata)
5 – Evita di giudicare te stessa/o dicendo ad esempio che eri ipocrita
6 – Evita di descrivere scene di sofferenza animale. Non è rispettoso e allontanerebbe chi ti sta ascoltando
7 – Condividi i lati positivi del veganismo, ad esempio:
“Sono cresciuta/o con un cane che amavo e non avevo realizzato che la carne che mangiavo era stata un essere vivente come lui.
Poi un giorno ho visto per caso X e Y, ero shoccata/o e schiafata/o. Ho smesso di mangiare prodotti animali e, con grande sorpresa, il mio stato di forma è migliorato molto”.
Bene, ora che sappiamo come condividere la nostra storia, vediamo alcuni ostacoli che ci impediscono di essere attivisti efficaci.
3 – 4 grandi ostacoli per un attivismo e una comunicazione efficaci
1 – carnismo
Ognuno di noi ha un sistema di credenze, una sorta di filtro attraverso cui vede il mondo.
Le persone con cui cerchiamo di comunicare ne hanno uno che le porta a mangiare carne e a non capire facilmente perché dovrebbero smettere.
Teniamone sempre conto.
Solo così potremo adattare la nostra comunicazione di conseguenza.
2 – Carenza di capacità comunicative
La maggior parte di noi non ha chiaro esattamente cosa comunicare e come comunicarlo.
Dire la nostra verità senza preoccuparsi di chi abbiamo davanti, delle parole che scegliamo, delle domande che facciamo, del tono di voce che usiamo, del nostro linguaggio del corpo…è un problema.
Fa sì che il nostro messaggio non arrivi e non produca un reale impatto.
3 – Reattività emotiva
Molte persone vegane reagiscono emotivamente per via della loro sensibilità alla violenza sugli animali o per traumi dovuti ad aver assistito a brutte scene.
È importante riuscire a gestire queste reazioni per far sì che non diventino un ostacolo tra noi e il nostro obiettivo.
4 – Carenza di informazione
Spesso conosciamo bene pochi pezzi del puzzle.
Ci mancano le basi riguardo i problemi principali come ad esempio i diritti degli animali, l’antispecismo o la giustizia sociale.
Questo porta a difficoltà nel discutere i punti chiave della questione e può portare ad offendere inavvertitamente chi abbiamo davanti.
Per risolvere questi problemi ci sono tante possibili soluzioni.
Ecco alcune risorse utili secondo Melanie Joy:
1 – guardare i video di carnism.org (o quelli del canale YouTube Beyond Carnism)
2 – leggere il libro Beyond Beliefs di Melanie Joy (per ora si trova solo in inglese)
3 – sempre utile il libro appena citato, affiancato al discorso della stessa autrice sull’attivismo sostenibile che trovi su YouTube e su veganadvocacy.org
4 – leggere il libro Animal Liberation di Peter Singer e informarsi su temi come il sessismo e il razzismo
Adesso vediamo una capacità tremendamente importante da possedere quando si comunica.
4 – Mettiti nei suoi panni
La capacità più grande da avere per comunicare in modo efficace è sapersi mettere nei panni altrui.
Nel caso del veganismo stai vendendo un messaggio e, per farlo, non c’è un solo modo giusto che possa funzionare con chiunque.
Ricorda bene questo punto: non sei il tuo pubblico.
Solo perché una cosa è vera, ovvia o semplice per te non significa che lo sia anche per la persona che ti sta ascoltando.
Magari quella persona è cresciuta in un ambiente senza animali, in povertà, con tante difficoltà e il mangiare carne le ricorda uno dei rari momenti in cui la sua famiglia se la passava bene.
Questo non significa doverla giustificare, significa solo che vedere il mondo dalla sua prospettiva ti aiuterà a trovare la chiave per entrare in connessione.
Pensa agli ultimi dialoghi che hai avuto con qualcuno non acora vegan e chiediti come avresti potuto metterti nei suoi panni per essere più efficace.
Quando hai fatto, procediamo con il prossimo punto che riguarda l’attenzione del discorso.
5 – Più attenzione sul come, meno sul cosa
Spesso ci sentiamo incompresi e frustrati dopo una conversazione sul veganismo.
Questo perché il focus viene messo sul cosa si sta dicendo e non sul come si sta comunicando.
Lo scopo non è vincere la discussione.
Non devi vincere la battaglia con chi mangia prodotti di origine animale o con chi la pensa diversamente da te.
L’altra persona non deve perdere, semplicemente perché non è una battaglia.
Bisogna passare dal contenuto al processo per poter avere un impatto positivo.
Il processo determina come ci sentiamo e come recepiamo il messaggio che stiamo ricevendo.
Col passare del tempo non ricorderemo cosa ci siamo detti, ma ricorderemo bene come ci siamo sentiti durante la conversazione.
Come disse Maya Angelou:
“Le persone possono dimenticare ciò che hai detto, le persone possono dimenticare ciò che hai fatto, ma le persone non dimenticheranno mai come le hai fatti sentire”
Teniamo anche bene in mente che non possiamo cambiare nessuno.
Possiamo solo comunicare in modo che la persona che abbiamo di fronte sia più aperta verso le nostre idee.
In un processo positivo l’obiettivo è la comprensione reciproca di pensieri e sentimenti.
Non condividere solo fatti, ma ascolta, empatizza con la sua esperienza, accetta che potrebbe anche non cambiare idea.
E poi avvaliti del tuo miglior alleato.
Quale? Te ne parlo subito.
6 – Il cibo è il tuo miglior alleato
Il modo più efficace per incoraggiare le persone ad avvicinarsi all’alimentazione vegana è proprio il cibo, non le discussioni.
La maggior parte delle persone vuole continuare a mangiare prodotti animali perché ne apprezza il gusto.
È facile sentirsi attaccati da chi vuole privarti di ciò che ami.
Berthold Brecht dice “First Food, then morality”.
È difficile pensare all’aspetto morale ed etico se ciò che ti preoccupa è che non avrai nulla da mangiare.
Sì, se siamo già vegani da un po’ questa preoccupazione potrà sembrarci assurda.
Ma ripensiamo al punto 1 di cui abbiamo parlato (ricordarci ciò che mangiavamo e come la pensavamo in quel momento) e il 4 (mettiti nei suoi panni).
Tornando a noi.
Cucinare ottimi piatti è una forma di attivismo…ed è dannatamente potente.
Aiuterà a cambiare il comportamento prima ancora dell’attitudine.
Permetterà cioè di fare la cosa giusta (abbandonare alimenti di origine animale) anche se magari non ancora per il motivo giusto (non voler più contribuire alla sofferenza, ingiustizia e uccisione degli animali).
Bene, parliamo adesso un po’ di processo e di giardinaggio.
No non ho sbagliato articolo, continua a leggere e capirai cosa intendo…
7 – Innaffia i giusti semi
Dobbiamo riuscire a comunicare in modo da facilitare il processo che fa emergere la compassione delle persone.
Concentrarsi sulla compassione per gli altri quando parliamo innesca un circolo virtuoso che incoraggia chi ci ascolta ad essere più compassionevole.
Ad esempio, se ti capita di parlare con qualcuno che ti dice che era vegano e ora non lo è più, cosa è meglio rispondere?
Invece di chiedere (come verrebbe istintivo) perché non lo è più, chiedi perché aveva deciso di diventarlo.
E se un non vegano afferma di amare gli animali, non giudicarlo ipocrita, chiedi di più:
- Che animali ama?
- Li ha sempre amati?
- Ha animali domestici?
Se poi reputi la situazione adeguata condividi la tua esperienza in un modo come questo: “Anch’io amo gli animali, per questo quando ho scoperto cosa gli succede per essere trasformati in cibo ho deciso che non potevo più mangiarli”.
Innaffia i semi dell’empatia e della compassione e lascia seccare quelli dell’odio e del giudizio.
Ora vediamo una piccola ma potente variazione che possiamo fare alla richiesta rivolta agli onnivori.
8 – Essere più vegan possibile
Esortare qualcuno ad essere più vegan possibile può rivelarsi una richiesta più efficace rispetto al chiedere di diventare 100% vegan o di ridurre il consumo di carne.
Molte persone si mettono sulla difensiva di fronte al classico “go vegan” e alzano un muro.
Con questo approccio diverso stiamo invece sottolineando che sono loro gli esperti della propria esperienza.
D’altronde non sappiamo tutto della loro vita.
Chiedere di punto in bianco di diventare vegan può essere una richiesta troppo grande in quel momento e si finirebbe senza il minimo cambiamento.
Chiedendo di essere più vegan possibile invece stiamo dicendo che ad ogni pasto hanno la possibilità di scegliere di causare meno sofferenza.
Il che risolve un’altra obiezione comune:
“Non credo che riuscirò a diventare 100% vegan, quindi non ha senso neanche provarci”.
Facendo la richiesta in questo modo stiamo alleggerendo quel peso, lasciando allo stesso tempo intendere che diventare vegan è sempre e comunque l’obiettivo finale.
Il punto che toccheremo ora risulta piuttosto indigesto a molti vegani, ma vediamo a livello strategico perché è cruciale per il successo del movimento.
9 – Perché chi riduce il consumo di carne è fondamentale
Il numero di persone che riduce il consumo di carne e prodotti animali è cresciuto molto di più del numero di persone vegane.
Il loro impatto nel complesso può quindi essere maggiore di quello delle persone vegane.
Dimostriamolo con un esempio.
Diciamo semplificando che ogni giorno da vegano salviamo la vita di un animale.
Mettiamo che le persone vegane in Italia rappresentino il 10% della popolazione, quindi 6 milioni.
In un anno questi 6 milioni di persone avrebbero salvato 2.190.000.000 di animali (6 milioni x 365 giorni).
Mettiamo ora che i restanti 54 milioni di onnivori (non consideriamo i vegetariani per semplicità) decidano di fare 3 pasti a settimana vegani quindi, nel complesso, un giorno a settimana.
Alla fine dell’anno avrebbero salvato 2.808.000.000 di animali (54 milioni x 52 settimane).
Parliamo di 618 milioni in più di vite salvate.
Ma l’importanza qui non risiede tanto nelle vite salvate (ne resterebbero decisamente troppe non salvate), quanto nell’influenza sul mercato.
In che senso?
L’industria alimentare punta solo e soltanto al profitto.
Ecco perché appena nota aumenti di domanda di un determinato prodotto o di una determinata categoria di prodotti, ne crea di nuovi per soddisfare quella domanda.
Poche – o nessuna – aziende investirebbero per creare alternative vegetali se i loro clienti fossero solo i vegani.
Per loro rappresentano una percentuale troppo piccola della popolazione e quindi una limitazione alla crescita dei loro profitti.
Se oggi è più facile trovare burger vegetali è in buona parte merito di chi ha ridotto il consumo di carne.
Lo stesso è stato per i prodotti gluten free.
Anni fa una persona celiaca aveva grande difficoltà a trovare prodotti per lei e non aveva assolutamente la possibilità di scegliere tra un’ampia varietà.
Volevi la pasta? Ce n’erano 2 formati, di un’unica marca.
Oggi è facile trovarli ovunque perché milioni di persone si sono convinte che sarebbero state meglio senza glutine e ne hanno ridotto il consumo.
Anche i fronte ad una ragione quasi senza senso, il risultato è stato decisamente positivo per chi aveva reale bisogno e desiderio di una maggiore varietà.
Tornando al nostro caso, si alimenterebbe un circolo virtuoso.
Più viene ridotto il consumo di carne, più alternative vegetali vengono prodotte.
Più è facile trovare alternative vegetali, più continuerà a calare il consumo di carne.
Più calano le vendite della carne, più sale il suo prezzo, più sarà facile e conveniente passare al vegan.
Ragiona bene su questo punto, poi passiamo all’ultimo consiglio di questo articolo, che riguarda altri gruppi di persone non vegane che potrebbero essere di grande aiuto.
10 – Gli alleati
Creare alleati è una delle cose più efficaci per aiutare il movimento.
Parliamo di persone che supportano il veganismo, ma che ancora non sono vegane.
Potrebbe essere un giornalista che parla in un suo articolo della crudeltà degli allevamenti intensivi, o un genitore che cerca di far mangiare più verdure e meno carne ai propri figli.
Non dobbiamo cadere nell’errore di pensare che se non sei parte della soluzione (vegan), allora sei parte del problema.
Praticamente il 99% della popolazione mondiale non è vegana.
Molte persone, pur non essendolo ancora, supportano questa visione.
Se permettessimo solo a chi è 100% vegan di dare un contributo, staremmo negando a miliardi di persone la possibilità di essere parte della soluzione.
Quel giornalista potrebbe scrivere su un giornale che leggono centinaia di migliaia di persone.
E magari è molto bravo e il suo articolo potrebbe anche avere (in termini di persone convinte a provare lo stile di vita vegano) un impatto maggiore di un attivista vegan che scende in strada ogni settimana da anni.
O pensiamo a un filantropo non vegano che ha intenzione di donare qualche milione ad un’associazione animalista.
È un contributo che possiamo permetterci di rifiutare?
Nella pratica dovremmo quindi:
- apprezzare ciò che è nelle possibilità di chi non è ancora vegan e che può essere di supporto
- sottolineare a queste persone che sono delle alleate (per responsabilizzarle e farle sentire parte di qualcosa)
- chiedere comportamenti precisi, come ad esempio: chiedere ai nostri amici Facebook di firmare una petizione o chiedere al bar universitario di inserire più opzioni vegane.
Pensa a tutte le persone e le istituzioni che frequenti.
Chi potrebbe essere un alleato da coinvolgere?
Conclusioni
Siamo arrivati alla fine di questo articolo.
Alcuni punti sembrano scontati, altri complicati, altri ancora controintuitivi.
Ti assicuro però che meritano tutti la nostra attenzione se vogliamo realmente riuscire ad avere il maggior impatto possibile.
Se ti va, il mio consiglio è comunque quello di guardare i video del Center for Effective Vegan Advocacy da cui ho preso questi punti.
Mi auguro che tu abbia trovato spunti utili.
Se vuoi approfondire altri temi legati all’attivismo, scrivimi pure su Instagram, mi trovi come @riccardo.ze
Noi ci vediamo presto!
Un abbraccio,
Riccardo